L’auto commiserazione è una brutta bestia. Il vittimismo le fa compagnia, una pessima compagnia. Ci si ammala, lo abbiamo visto e lo sappiamo tutti. E, in sede di corsi o consulenze di floriterapia e sul sistema energetico dei chakra, abbiamo anche visto come sia possibile risalire ad uno scompenso emotivo profondo, psichico e spirituale, il quale però, esso stesso, ci consente di poter giungere alla chiave del problema ed essere guarito o, quantomeno, ristabilito nel migliore dei modi possibili e attuabili.
Quindi curarsi e portare un sano equilibrio anche all’interno di uno scompenso fisico, è possibile. Questo riguarda il 50% della guarigione; l’altro 50% riguarda invece la volontà personale di scegliere se guarire (o almeno provarci, concedersi la possibilità).
A malincuore, ma non stupita, le occasioni in cui si offrono soluzioni di riequilibrio, la possibilità di un miglioramento, di un’alternativa, di un’integrazione con la medicina, vengono rifiutate.
E si sancisce, a quel punto, la propria designazione con frasi come: “se i fiori californiani contengono alcool, non posso prenderli” (anche se si tratta di n. 2 gocce del rimedio diluiti in 50 ml di acqua, che rende la soluzione idro alcolica impercettibile e non sono un ex alcolista) Oppure: ” sono destinato a diventare cieco, prima dall’occhio sinistro, poi da quello destro. Le cure che sto facendo sono servite ad evitare la cecità per qualche anno” (ma non a risolvere il problema). “La soluzione (invasiva) l’hanno trovata i medici, funziona fino a quando funziona” (che permette l’aggravarsi della situazione).
E’ vero che quando un corpo fisico è oltremodo corrotto, nel senso alchemico del termine, cioè in uno stato avanzato di decadimento a causa di una malattia, è molto difficile o impossibile riportare il sistema psico – fisico ad una condizione di normalità e di salute. Ma è altrettanto vero che, prima di arrivare a quel punto di non ritorno, le opportunità ci sono. E’ che vengono rifiutate perché si sceglie di crogiolarsi nel vittimismo, nell’attenzione altrui, nel compatimento, nella rabbia irreversibile della propria condizione.
Ho imparato a rispettare queste decisioni, ma non posso esimermi dal dire che il cuore, sapendo e vedendo che un’altra opportunità – o più opportunità – sono possibili, ogni volta, piange.
Ognuno ha il proprio destino nelle proprie mani.